Rispetto a quello etrusco, l’abbigliamento romano risente assai più l’influenza del costume greco. Per tale motivo la trattazione dell’abbigliamento romano non può esimersi del trattare anche l’abbigliamento greco.
Infatti l’influenza dello stile greco crescerà sempre più in proporzione all’espandersi del dominio romano sulle colonie elleniche, fino a quando la civiltà dell’uno e dell’altro popolo si fonderanno in quello che verrà definito stile latino-greco, o pompeiano.
I Romani in origine furono sempre gente di costumi assai austeri, schivi per natura al lusso e alla ricercatezza. Solo sul finire della Repubblica, in virtù delle influenze dei popoli conquistati, il loro modo di vestire si indirizza verso un maggiore sfarzo e una più accurata eleganza.
Per il periodo della monarchia la documentazione sull’abbigliamento è deducibile solamente interpretando gli scritti degli storici del tempo. Mentre Per il periodo repubblicano ed imperiale, oltre agli scritti, sono fonti di informazione anche le statue, i dipinti ed i bassorilievi. Per le informazioni sui vestiti militari di epoca imperiale risultano particolarmente preziosi i bassorilievi che ornano la colonna Traiana e la colonna Antonina.
COLOBIUM
Nel periodo iniziale della civiltà romana l’abbigliamento maschile è costituito essenzialmente dal colobium e di conseguenza dall’éxomis greco. Infatti Colobium non è altro che il termine latino per indicare il kiton dorico, del quale forniamo una breve panoramica:
Il Kiton fu l’abbigliamento fondamentale del popolo greco. Le forme più arcaiche lo riportano come in un semplice rettangolo di lana, largo circa tre volte la circonferenza della persona e alto dalla nuca al ginocchio. Ripiegato a metà nel senso della lunghezza e trattenuto su ciascuna spalla mediante una fibula. In origine i margini erano solamente accostati o sovrapposti su un fianco, privi di cucitura.
Come per tutti gli abiti greci, Una piccola cintura formata da una semplice striscia di stoffa o da un cordoncino lo stringeva attorno alla vita dando luogo ad un leggero sbuffo, detto kolpos, al fine di armonizzare le pieghe longitudinali prodotte dall’ampiezza del tessuto con la forma del corpo.
È abbastanza conosciuta anche la versione indossata con una sola spalla fissata, di solito la sinistra. Questa modo di vestire il kiton, detto in tal caso exomis (dal greco: ex = da, omis = spalla) era utilizzato da Chi doveva fare lavori faticosi o esercizi fisici che richiedevano maggior libertà di movimento. I due angoli destinati a ricoprire la spalla non fissata ricadevano l’uno avanti e l’altro dietro, oppure venivano ripiegati internamente.
Questa forma più semplice del Kiton greco, detto Kiton dorico, si presenta nel mondo greco del tempo anche con altre varianti.
La prima, riscontrabile dal V secolo in avanti, risultava cucita anche sul fianco e con soltanto due aperture laterali in alto per farvi uscire le braccia e un’apertura centrale per passarvi il capo (una sorta di sacco con 3 aperture in alto). Molte volte era costituito da un rettangolo più lungo del precedente e doppiato nel senso dell’altezza (a formare il sacco prima dell’apertura delle fessure). Le due estremità superiori. ricadendo sulle spalle, danno l’impressione che fosse provvisto di corte maniche, ma in realtà si tratta soltanto di una illusione ottica.
In un’altra variante, il kiton è formato da due rettangoli di tessuto di eguali dimensioni, cuciti unicamente sui fianchi fin quasi all’altezza delle ascelle e trattenuti alle spalle da fibule. Anche questa versione, lasciando libera una spalla, poteva dare origine all’éxomis.
Ultima variante del Kiton fu il poderes o kiton ionico. In Grecia, Il poderes fu infatti il frutto dell’influenza ionica sulla foggia dell’antico kiton dorico, il quale divenne notevolmente più ampio e lungo fino ai piedi (poderes in greco significa appunto: fino ai piedi). In Grecia era un indumento era sia maschile sia femminile, mentre presso i romani si riscontra prevalentemente ad uso femminile.
L’ampiezza del poderes produceva una ricca serie di ripiegature verticali, simili alle scanalature delle colonne greche. Per meglio adattarlo alla propria persona, i greci utilizzavano un lungo cordoncino che ponevano sul collo, per poi farlo passare sotto le ascelle, incrociarlo dietro e, cingendo la vita, annodarlo davanti. Anche qui si ha l’illusione che l’indumento sia fornito di maniche, mentre in realtà non esistono.
Il Kiton, divenne elemento del costume romano in un’epoca in cui la civiltà greca era già in fase avanzata, di conseguenza il colobium romano è sempre cucito su entrambi i fianchi, sui quali reca unicamente l’apertura per farvi uscire le braccia, mentre alle spalle è ancora spesso accostato con fibule, per poter formare, volendo, l’éxomis.
Éxomis e colobium sono sempre fermati attorno alla vita da un cingulum.
Con l’evolversi della civiltà romana, A poco a poco questi due indumenti, specie l’éxomis, saranno portati quasi unicamente dai poveri e dagli schiavi.
TUNICA
Durante la monarchia L’abbigliamento maschile romano è caratterizzato dalla tunica e dalla toga, i classici indumenti che per tutto il periodo della Repubblica e fin quasi al termine dell’Impero continueranno a distinguere ovunque il cittadino romano.
La tunica non era altro che una derivazione del colobium, dal quale differiva in quanto era provvista di maniche, sia corte sia lunghe, e per la lunghezza complessiva che poteva variare.
La tunica aveva lunghezza fissa solamente per due categorie di persone: i soldati, compresi gli ufficiali, per i quali era obbligatoria corta sopra il ginocchio; i sacerdoti, i quali utilizzavano sempre una tunica talaris, cioè lunga fino ai piedi.
Per le altre persone era normalmente di media lunghezza e giungeva circa a metà polpaccio. I seniores potevano, se volevano, utilizzare anche loro la tunica talaris.
Fin quasi all’inizio dell’impero, la tunica del cittadino romano fu sempre di lino bianco o di lana color avorio, mentre i plebei e gli schiavi la usavano anche di tinte diverse.
La tunica era priva di ornamenti, fatta eccezione di pochi casi ben determinati:
I senatori portavano la tunica laticlavia. Era una tunica ornata sul davanti da una larga striscia di porpora che partiva dal bordo inferiore del collo e scendeva fino al margine inferiore della tunica stessa.
i patrizi più importanti potevano portare la tunica angusticlavia. Era una tunica ornata da due strisce più strette, sempre di color porpora, che tangendo i bordi laterali del collo scendevano anteriormente e posteriormente fino agli orli inferiori.
I condottieri vittoriosi avevano il diritto di indossare la tunica palmata, simile a quella che il senato romano soleva inviare in dono ai re stranieri. Era una tunica ornata ai bordi con ricami di foglie di palma.
I bordi della tunica, tranne i casi sopra descritti, erano sempre semplici e privi di decorazioni. Solo Verso la fine della Repubblica s’incominciarono a decorare gli orli delle maniche, del collo e del fondo con leggere bordature a tinte tenui.
Con l’inizio dell’impero, incominciarono a prendere piede anche colori più vivi, in particolare per le donne ed i fanciulli.
TOGA
La toga era il mantello di prescrizione dei Romani. Essa Veniva indossata sopra la tunica, cercando di avvolgere l’intera persona.
La forma più comune di toga è quella di un settore di cerchio, largo quanto l’altezza della persona e lungo circa tre volte.
Vi era anche una versione più grandiosa e ricca di drappeggiature sinuose, detta toga sinus, la quale era costituita da un’ellisse piegata non simmetricamente (circa due palmi dalla linea diametrale maggiore) nel senso della lunghezza .
Per tutta la monarchia, la Repubblica e nei primi tempi dell’Impero la toga era riservata esclusivamente ai cittadini romani, gli schiavi e gli stranieri non avevano il diritto di portarla. Solo In seguito venne in uso anche tra le altre classi, e perdette quel carattere ufficiale che prima le era attribuito.
Era prescritto che la toga fosse di lana color bianco o avorio naturale. Solo Negli ultimi tempi della Repubblica e durante l’Impero vennero utilizzati, prima dalle donne e in seguito anche dagli uomini, colori più vivaci.
Indipendentemente dalla forma, la toga assumeva anche altre denominazioni:
La Toga virilis era senza ornamenti di sorta e veniva portata daI semplici cittadini.
La toga praetexta era ornata ai bordi da una striscia di porpora e veniva indossata da magistrati, senatori, sacerdoti e dai fanciulli di nobile casato, questi ultimi giunti a diciassette anni ne facevano dono agli dei Lari per indossare la toga virilis.
La toga candida era bianchissima e veniva indossata dagli aspiranti alle cariche pubbliche durante l’ultimo periodo della Repubblica.
La toga pulla o toga atra era di color nerastro e veniva indossata in casi di lutto.
La toga tràbea era orlata con strisce di porpora, veniva indossata dagli Àuguri e dai Sàlii fissandola sopra una spalla con una fibula.
La toga pieta era di color porpora o violetto scuro ed era ornata ai bordi da vistosissimi ricami in oro riproducenti foglie d’alloro o altri motivi fogliari. Fu all’inizio il mantello ufficiale dei consoli della Repubblica e spesso veniva indossata alla maniera della toga tràbea.
Durante l’Impero la toga pieta venne sfarzosamente ornato di ricami su tutta la superficie e fu riservato alla sola dignità imperiale.
ALTRI MANTELLI
Oltre alla toga, riservata ai soli cittadini di Roma, vanno annoverati tra i mantelli civili il pallium e la paenula.
Il pallium, presso i Romani, non era altro che l’equivalente dell’imation greco. I romani in realtà definivano con tale nome qualunque tipo di mantello di provenienza straniera, diverso dalla toga ma che poteva essere indossato in modo analogo a quella.
Tornando all’esempio dell’Imation, in Grecia esso era classico mantello comune ai due sessi , costituito da un ampio telo rettangolare, lungo circa quattro metri per uno e mezzo di larghezza, che avvolgeva tutta la persona.
L’imation era portato solo dagli adulti. Gli uomini lo posavano generalmente sulla spalla sinistra in modo che un’estremità cadesse davanti, fin sotto il polpaccio, mentre la parte rimanente passava dietro e quindi sopra o sotto il braccio destro, ritornando poi ancora sulla spalla sinistra.
I filosofi greci sono raffigurati sovente solo con l’imation, senza il kiton sotto, con scoperti interamente la spalla e il braccio destro.
A Roma, Il pallium ebbe una la sua massima diffusione durante il periodo d’influenza ellenistica, cioè da metà del II sec. AC fino ad Impero assai inoltrato. Esso fu comunque abbastanza contrastato dai sostenitori della romanità, come Catone, Cicerone e altri, i quali non ritenevano dignitoso per un cittadino romano sostituire la tradizionale toga con un mantello di origine straniera.
La paenula, comune ad ogni categoria di persone, ebbe invece maggior diffusione, specialmente tra gli uomini del ceto medio. Sembra che la sua comparsa risalga ai primi tempi della Repubblica. Ne parlano Cicerone, Tacito e altri. Essa Consisteva in un ampio mantello circolare, munito di un foro centrale per la testa e veniva indossata sopra la tunica, in sostituzione della toga, particolarmente durante i viaggi.
La paenula veniva fatta con lana piuttosto ruvida ed era sempre provvista di cappuccio. A volte risultava aperta davanti,anche solo parzialmente. La càsula, diminutivo di capanna, è la denominazione più popolare della paenula, appunto perché quand’era indossata con il cappuccio rialzato assomigliava a una capannuccia cilindrica, con tetto conico.
a cura del dott. Alessandro Battistini