La battaglia di Bibracte si svolge nel 58 a.C. E’ la prima grande battaglia della “Campagna di Gallia”. Cesare, chiamato dai Galli, interviene con sei legioni (VII, VIII, IX, X, XI, XII) per fermare l’invasione della Gallia da parte degli Helvetii.
…Raggiunta Bibracte, la più grande città degli Edui, per rifornirsi di grano, Cesare decise di accamparsi su un colle poco distante. Gli Helvetii pensarono che il momento poteva essere a loro favorevole e decisero di attaccare i romani. Appena ne capì le intenzioni, Cesare posizionò sulla cima del colle la XI e la XII, insieme agli ausiliari, a difendere tutti i bagagli e le scorte, mentre le altre legioni furono posizionate a metà del colle su tre linee. A questo punto gli Helvetii attaccarono compatti la prima linea in formazione di falange. L’XI e la XII Legio guardavano la scena dall’alto. I commenti tra i legionari si sprecavano. Molti avevano paura, Gli Helvetii erano molti di più, circa 60.000, mentre gli effettivi delle quattro legioni schierate erano poco più di 16.000. I tribuni decisero di rincuorare tutti, spiegando che disciplina, armamento e la giusta tattica avrebbero fatto la differenza, non il numero. Loro non erano ancora stati usati direttamente in battaglia, dovevano quindi osservare bene il comportamento delle legioni veterane, per imparare a comportarsi nella giusta maniera…
Cesare seguirà questo modus operandi con tutte le nuove legioni. Oltre all’addestramento tecnico, era considerato fondamentale anche far osservare una battaglia da vicino. In questo modo, i legionari si abituavano, gradualmente, anche a convivere con feriti e morti, senza esserne troppo influenzati psicologicamente.
…La battaglia cominciò non appena Gli Helvetii furono a tiro di pilum. I romani cominciarono a lanciarli con forza sul fronte compatto degli scudi nemici che avanzava. Il risultato fu devastante perché quando un pilum trapassava uno scudo, col peso dell’asta, la punta si piegava e non era facile liberarli. Lo scudo diventava così molto difficile da manovrare e molti degli Helvetii furono costretti a lasciarlo e a combattere senza. I romani, invece, scardinato il muro di scudi degli Helvetii, irrompevano nello schieramento con i gladi in pugno protetti dai loro grandi scudi ed avevano facile ragione dei nemici…
…”Avete visto cosa è successo?” dicevano i Tribuni a tutti i legionari, della XI e XII Legio che guardavano la battaglia, “Il pilum non viene tirato sulle persone per uccidere, ma intenzionalmente sugli scudi della prima fila. Al segnale del centurione, che calcola il momento giusto, ognuno deve tirare sullo scudo dell’avversario che ha di fronte, non a caso nel mucchio… colpirlo è facile, e il gioco è fatto. La punta si piega e così diventa difficile toglierlo…
gli Helvetii sono costretti ad abbandonarli e per noi diventa un vantaggio evidente! Combattere contro avversari senza la protezione degli scudi è molto più facile… Se l’avversario prova a colpirvi, voi parate il colpo con lo scudo, ma se contemporaneamente gli tirate un colpo col gladio… lui non lo potrà parare! Guardate cosa succede ora, la vittoria sarà nostra, e pochissimi di noi saranno colpiti!”…
Questa tattica (dettagliatamente riportata dallo stesso Cesare nel suo “De bello gallico”) fu determinante per le sorti della battaglia: gli Helvetii cadevano numerosi mentre i romani, anche grazie alla loro compattezza e disciplina, oltre che alle loro maggiori protezioni individuali, avevano pochissime perdite. Un po’ alla volta, quindi, venne meno negli Helvetii la fiducia nella vittoria e cominciarono ad indietreggiare. Neppure l’intervento di altri 15.000 guerrieri delle tribù dei Boi e dei Tulingi, sul lato destro dei romani, riuscì a capovolgere le sorti dello scontro: Cesare spostò, infatti, le terze linee sul lato destro e fronteggiò allo stesso modo l’attacco. Con questa soluzione tattica, sia pure in inferiorità numerica, i romani riuscirono ad avere la meglio e spinsero il grosso dei nemici intorno ai loro bagagli ed alle loro famiglie. Gli Helvetii si chiusero a riccio, difesi dai loro carri messi in circolo, cercando di resistere.
La battaglia andò avanti per tutto il giorno e per tutta la notte, ma alla fine, ormai stanchi e decimati, gli Helvetii furono costretti alla resa. Ingenti furono le loro perdite (stimate in circa 100.000, tra combattenti, vecchi, donne e bambini), mentre tra i romani risultarono molto scarse. I superstiti furono, in totale, circa centotrentamila, soprattutto vecchi, donne e bambini. Cesare accettò la resa a patto che gli lasciassero le loro armi e che tornassero nella loro terra d’origine con l’obbligo di ricostruire villaggi e case che avevano incendiato prima di partire.
La guerra con gli Helvetii era vinta. Nei giorni che seguirono la battaglia i romani furono festeggiati da tutti i popoli Galli per aver fermato l’invasione degli Helvetii.
Bibliografia:
“Aulo il romano” di Giuseppe Rudilosso, edizioni C&M.
“De Bello Gallico” di Giulio Cesare
a cura di Giuseppe Rudilosso