LA LEGIONE MANIPOLARE E I SUOI LEGIONARI

Dice Polibio a proposito dell’armamento dei legionari del II sec a.C: i Principes e gli Hastati erano equipaggiati in maniera simile ed erano dotati di una armatura completa. Il loro scudo era alto 1 metro e 20 cm, largo 75 cm e pesava alcuni chili. Era in legno, formato da due tavole unite con colla di bue, da uno strato di lino ed esternamente da una pelle bovina. Gli orli inferiore e superiore erano rinforzati da una lamina di ferro che serviva sia da difesa contro i fendenti che quale sostegno per un migliore appoggio a terra. Nella parte interna, l’arma era rinforzata da una armatura metallica consistente in uno stelo fermato allo scudo per tutta la sua lunghezza. Al centro lasciava spazio ad un incavo, corrispondente all’esterno all’umbone. Questi soldati erano armati di una spada chiamata “Iberica” da Polibio, che si svilupperà nel più corto e micidiale gladio (anche Cesare allora aveva questo tipo di spada poiché ancora con Augusto è in uso una spada con lama fino a 60cm) portata al fianco destro e fissata al cinturone tramite anelli di bronzo (il balteus ,una sorta di bandoliera, sarà utilizzato a partire dal II sec. d.C.), e due giavellotti, uno leggero e l’altro pesante (quest’ultimo lungo poco più di due metri).

L’armamento era completato da uno schiniere indossato sulla gamba sinistra, corazza ed elmo.

La corazza era foggiata in vario modo, a seconda della disponibilità individuale: poteva presentarsi come semplice piastra pettorale (salvacuore ), in bronzo, a difesa degli organi vitali, o di una vera e propria protezione formata da una fitta maglia di anelli metallici (lorica hamata).

Gli elmi erano per lo più una versione italica dell’attico greco o del tipo Montefortino, d’origine gallica, dotato, sempre secondo la preziosa testimonianza di Polibio, di un pennacchio o di tre penne rosse o nere, alte un cubito, aventi lo scopo di aumentare di molto la statura del soldato ed in tal modo incutere paura al nemico.

I Triarii erano equipaggiati allo stesso modo, fatta eccezione per le hastae, le lunghe lance che avevano in dotazione al posto dei giavellotti.

I Velites formavano invece la fanteria leggera e potevano svolgere sia azioni autonome sia di supporto alla legione. Questi soldati venivano dai ceti più bassi e non possedevano corazza ma solo una semplice tunica completata da un’ elmo sul quale poteva trovarsi una pelle ferina (solitamente di lupo). Erano armati con vari giavellotti e a volte con delle frombole; completava il loro armamento una spada di tipo greco (Kopis ) e uno scudo circolare, parma (con diametro di tre piedi = 90cm). Completavano lo schieramento 10 turmae di 30 cavalieri ciascuna.

Nota: Le legioni descritte da Polibio erano formazioni complesse ma con una struttura ben organizzata; infatti oltre al nucleo di fanteria pesante comprendevano un notevole contingente di cavalleria e un’alta percentuale di fanteria leggera. Contava 3000 fanti pesanti (1200 hastati, 1200 principes, 600 triarii), 1200 veliti e 300 cavalieri.

LA LEGIONE COARTALE

CAIO MARIO (157-86 a.C), probabilmente nel decennio finale del II sec. a.C (104-100 a.C.), “inventò” la coorte, formata dall’unione di più manipoli e forte di 600 uomini (alcune fonti dicono 480). In questa nuova organizzazione non vi fu più distinzione fra Hastati, principes e triarii. I velites furono aboliti e il contingente di cavalleria fu gradualmente ritirato, tanto che non esiste alcun cenno ad un organico di cavalleria legionaria a proposito delle guerre di Giulio Cesare. I soldati della coorte furono tutti muniti di gladium (spada “spagnola” lunga due piedi e a doppio taglio) e di pilum. Hastati e principes rimasero quindi uguali, solo i triarii “cambiarono” armamento perdendo la lancia da urto.

coorte romana

Le Legioni divennero quindi delle truppe specializzate di Fanteria Pesante. Fanteria leggera e cavalleria erano costituite dagli ausiliari, auxilia (gli auxilia quindi non erano forze aggiuntive, ma complementari rispetto alle legioni). Questo avvenne perché, data la cronica insufficienza di soldati (Plinio parla di iuventutis penuria; nel periodo Giulio-Claudio sembra che gli uomini in età da leva fossero meno di 1.000.000 in Italia), sarebbe stato poco consigliabile sguarnire il già scarso contingente di combattenti reclutati fra i cittadini romani per impiegarlo nella fanteria leggera, facile da reperire anche fuori d’Italia. Caio Mario basò quindi il sistema militare su volontari retribuiti che possedessero la cittadinanza Romana, beneficio questo che, esteso a tutte le popolazioni italiche dal 90 a.C. aboliva le prerogative dei socii populi romani (però solo popolazioni a sud del Rubicone; sarà Giulio Cesare ad estendere la cittadinanza anche ai Galli cisalpini perché ne apprezzava lo spirito e li riteneva italici in quanto anche essi abitavano entro la cerchia alpina che delimitava il territorio italico). Nasceva così una unità base capace di agire anche indipendentemente dal resto della legione, la coorte – cohors – forte di 600 uomini e formata dall’unione di 3 precedenti manipoli (ovvero 6 centurie).

La legione coartale di Mario (qui sotto) si schierava su due linee di Coorti, a scacchiera, per un totale di 6000 uomini (divisi in 10 coorti).

coartale1

La coorte era indubbiamente uno strumento bellico bilanciato ed adatto a scontrarsi vuoi contro le masse indisciplinate e guerriere dei Galli, dei Cimbri e dei Teutoni, o contro le popolazioni del nord Africa, o ancora contro i Parti. Essa era abbastanza forte numericamente e per armamento, per affrontare, anche isolatamente, un combattimento ed era ancora abbastanza agile e di facile comandabilità.

GIULIO CESARE modificò l’assetto tattico della Legione coortale tentando di darle ancora maggiore flessibilità, schierando le coorti su tre linee con quattro di esse in prima linea, tre in seconda e tre in terza, con la funzione, queste ultime, anche di riserva (vedi qui sotto).

cesariana

La cavalleria e la fanteria leggera era costituita dagli auxilia (come visto sopra). Durante le guerre di cesare in Gallia compare gia il “classico trio” formato da arcieri cretesi, frombolieri balearici e fanti numidi (lancieri), che rimarrà un elemento costante delle truppe ausiliarie sotto il principato.

Bibliografia:
“L’esercito romano” di Yann Le Bohec, edizioni Carocci.
Museo della Civiltà Romana – “Organizzazione militare: Esercito” di A.Liberati e F.Silverio, edizioni Quasar.
Roma Archeologica – “Sotto il segno dell’aquila” Elio Rosa editore.
“La grande strategia dell’impero romano” di E. Luttwak, Rizzoli editore.
Più vari autori latini. (Polibio, Tacito, Plinio, etc.)

a cura di Riccardo Rudilosso